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56 m. a. locshi


ta d’oro che aprirà lo scrigno della scienza. Ma si ribatte che, quando la scuola è già preordinata soltanto al rilascio del titolo, quando nella educazione familiare si pone innanzi al ragazzetto o alla giovinetta il miraggio di diventare un medico, un avvocato, e perchè no? un impiegato od una maestra, quando la scuola è fatta sala di una tortura di cui gli strumenti si chiamano registri, punti, medie bimestrali e scrutini od esami finali, quando tutta la teoria delle anime adolescenti — che su dalle file dei banchi sbocciano vive e fragranti con gli occhietti ardenti come corolle di fiori dai neri solchi della terra in primavera — è così tesa in uno sforzo impari alla età e spesso all’intelligenza, difficile è imaginarsi che, una volta conseguito il diploma o passato l’esame, i nostri allievi di ieri non sentano un sacro orrore dei libri e che il solo pensiero di accrescere, mediante le letture, le proprie cognizioni, non generi nelle loro anime un turbamento simile al ricordo di un incubo: l’incubo degli anni di scuola!

E poi, anche per coloro che hanno il tempo, la voglia, i mezzi (i mezzi sopratutto!) per studiare: per servirsi di quella tal metodica imparata a scuola — l'indirizzo scientifico moderno li condurrà ad un solo risultato: a specializzarsi. Saranno istruiti, non saranno colti.

L’umanesimo è finito. Ed è finito non solo, come si ritiene oggi forse troppo universalmente, perchè lo abbia ucciso la scienza o il metodo tedesco; ma perchè lo hanno ucciso le tristi, le dolorose esigenze della vita moderna, il bisogno che batte tutti i giorni alle nostre porte: quello che ha creato, o quanto meno, reso accetto il metodo tedesco. Il concetto poi di avvicinare la scuola alle realtà della vita — a queste