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La fanciulla non viene però in alcun modo preparata alla vita. Quelle virtù che si coltivano in lei non tendono a formare la donna, individuo umano, rispondente, coscientemente al suo compito futuro, inteso con gravità serena, col senso completo di tutti i doveri che la civiltà impone; ma esse hanno ancora per oggetto, insieme alle occasioni di istruirsi, un unico scopo; il matrimonio. Non si vede e non si educa nella ragazza se non la sposa futura, colei meglio preparata, non già a questo suo grave ufficio, ma ai gusti dell’uomo secondo le convenzioni correnti, non secondo il senso altissimo che quell’ufficio domanda.

Essa non viene affatto seriamente preparata alla sua maternità fisica e meno ancora, se è possibile, alla maternità morale e spirituale. Va al matrimonio senza essere chiamata in alcun modo a soffermarsi in considerarlo con le profonde responsabilità che in esso viene ad assumere, non soltanto di fronte all’uomo che la sposa ma anche e sopratutto di fronte ai figli e, attraverso loro, alla società, alla patria, all’umanità. La sposa futura è la madre futura. Ma le funzioni della sposa e della madre, ripeto, sono le più alte funzioni femminili. Bisogna inchinarsi con rispetto innanzi ai compiti casalinghi, secondari in apparenza, sublimi in realtà, perchè si riassumono nelle parole: dedicarsi agli altri. Ma questi compiti comprendono tutti i doveri della donna? Essere sposa e madre vuol dire soltanto ordinare un pranzo, saper governare dei domestici, vegliare al benessere materiale ed alla salute di tutti, è soltanto amare, pregare, consolare? No. È tutto questo ma è più ancora. È guidare e allevare, per conseguenza conoscere. Senza sapere nessuna madre può essere veramente interamente madre.

Oggi la maternità ha assunto un valore di altissima