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30 ester danesi traversari


desolata intorno alla casa fortunata fino a che i figli non avessero celebrato lo Sraddha. Ma questo sacrificio religioso non poteva essere compiuto se non dai soli maschi: epperò la desolazione circondava la nascita di una figlia, creatura umile e disprezzata; e la disgrazia si ripercoteva sulla madre, che, per la legge di Manou, se non metteva al mondo che femmine, poteva essere ripudiata.

Cosi ricordiamo che ad Atene il padre di una bambina faceva rabbiosamente appendere sopra la porta della sua casa una conocchia di lana invece delle ghirlande di olivo che annunciavano la nascita di un maschio.

A Sparta su dieci bambini abbandonati perchè imperfetti vi erano sette femmine: il loro sesso equivaleva a una deformità.

A Roma il padre rendeva legittimo suo figlio raccogliendolo da terra, ai suoi piedi, ove veniva deposto appena nato. Le figlie erano facilmente abbandonate dal loro stesso genitore.

Il cristianesimo del Vangelo elevò come non mai il concetto morale della donna. Nel martirio essa si manifestò quale un superbo valore di affermazione ideale e fortemente influì nella grandiosa propagazione di quella fede. Ma la religione, nelle forme che seguirono, soffocò ancora una volta, sotto l’autocrazia delle sue leggi limitatrici e dominatrici, ogni espansione dello spirito femminile. Cosi che durante il regime feudale la nascita di una femmina significava ancora una calamità.

Nel medio evo la dolce poesia che la donna innalzò a simbolo di superiore bellezza e di superiore grazia non servì che a chiuderla maggiormente nelle galanti ma ferree catene di un servaggio oscuro e prepotente.