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la donna e il lavoro 97


tanto. Vi sono ancora paesi in cui una signora per bene non apre le finestre della propria casa, che guardano sulla via principale, altro che di notte.

Ebbene la donna dovrebbe dimostrare che si può essere una persona per bene anche vivendo diversamente da come la tradizione comanda; non dovrebbe stancarsi mai di dimostrare con ogni atto, in ogni espressione d’intellettualità! che la dignità della vita è costituita da fatti non da forme.

E ad un’altra cosa dovrebbe educare l’animo: al senso della responsabilità sociale che non sempre essa comprende bene. Spesso il lavoro è considerato come quella tal cosa che fa molto comodo, perchè frutta danaro, ma da cui si deve ricavare il più possibile ed a cui si deve dare il meno possibile. Quante volte non si sente dire (anche dagli uomini): «al mio ufficio faccio il comodo mio» ed enumerare le piccole astuzie con cui si rende meno pesante il compito quotidiano. Chi si permettesse di osservare che agire così è disonesto, sarebbe senz’altro lapidato: eppure è proprio così. Non parliamo poi del lavoro gratuito, nel compiere il quale si fa in tutto e per tutto il proprio comodo e si ritiene che si abbia il diritto di farlo. Ma quest’asten­sione dall’impegno preso non genera disordine? Non fa sì che quel lavoro che altri avrebbero potuto compiere con coscienza, non è fornito affatto per causa di chi ha preso un’impegno alla leggera o non ha avuto altro scopo, offrendosi, che di fare una bella figura? E c’è dell’altro. La donna non sempre rispetta il proprio lavoro e sè medesima in esso, come dovrebbe. Confesso che talvolta sono rimasta rattristata dal contegno di certe signorine impiegate, che si pavoneggiano dinanzi ai compagni d’ufficio, dimenticando completamente il pubblico il quale s’impazienta e commenta: e qualche