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pire ed abbracciare e a non inceppare il comune lavoro, a non disconoscere il concetto della Provvidenza, a discostare egualmente e l’ipocrisia ed il pregiudizio, che, emanati da diverse fonti, sì accordano, in questo; nel preferire la forma all’ente, la corteccia al midollo.

«Non è egli il cibo men che la vita, ed il corpo da più che il vestimento?»                 (S. MATTEO)

Nè chiamando la donna ad associarsi nell’adesione a cotali concetti, intesi chiamarvela per solo entusiasmo dei tempi e perchè a lei si compete eziandio l’assidersi con tutta l’umanità al desco fraterno che la religione del Cristo apparecchiava a dirigere i voti inconsci, e le aspirazioni indefinite e tormentose della umana filosofia. Mai no. Mi rivolsi alla donna perchè, più dell’uomo inchinevole a religione, più data a pietà, recandosi seco pregiudizio di pessima educazione la forzata cecità della mente, fu e sarà sempre lo elemento nel quale l’errore religioso sposato agli interessi di casta troverà il suo naturale veicolo.

Mentre la donna ogni studio rivolge a dominare ogni più onesto impulso di natura riguardando le passioni siccome nemici, anziché siccome costituenti la potenza dell’essere morale; mentre s’affanna a comprimere la innata sensibilità per sostituirvi quel glaciale indifferentismo gesuitico che vince in ispudore le ciniche utopie; mentre gl’interessi della patria; i reclami della civiltà, l’amore del consorte, e la tenerezza dei figli pospone con eroica abnegazione che il cuore le insanguina e l’anima le strazia e tutto sacrifica ed immola sull’ara di quella spietata divinità, che s’imbriaca di sangue e delle carni abbrustolite degli uomini fa al sozzo ventre delizioso orrendo pasto; la donna al certo, nella cecità della sua mente, nello entu-