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gioso sentimento ed imporgli silenzio onde lasciar luogo alla moltitudine delle parole, non dissimili dai sacerdoti di Baal (de' quali tanto si rideva il profeta Elia) che gridando con quanta forza era possibile ai loro polmoni, e continuando in tal baccano tutto l’intero giorno, se ne tornavano convinti che la loro sonnacchiosa Divinità li avesse alla perfine intesi e compresi.
Il Cristo, che primo diede all’umanità l’idea del culto perfetto, stringeva e riassumeva, in una formola, quanto affettiva altrettanto razionale, l’espressione del religioso sentimento. Egli, che aveva l’un dopo l’altro attaccati e combattuti tutti i pregiudizii, si dichiara anche contro questo là dove dice: «Non vogliate essere come i gentili, che impiegano ad onorar Dio molte parole, e credono per la moltitudine di quelle esser meglio esauditi. In quanto a voi, quando volete pregare a Dio, chiudete l’uscio della vostra camera, e nel segreto pregate al padre vostro ch’è ne’ Cieli».
V’hanno però di molte le quali tutte assorbite dalli esterni atti del culto, moltiplicandoli ogni giorno senza ragione, e senza misura, facenti assidua lettura di libri che insegnano colla Divinità un cotal linguaggio floscio ed affettivo, tutt’affatto profano ed indegno dei rapporti che intende di esprimere, portano l’intelletto nei campi vaporosi d’una dottrina; la quale assorbe le lunghe ore nel render l’anima timorosa di tutto, nel toglierle ogni generoso slancio, nel freddare ogni generosa passione, nell’atrofizzare più che sia possibile il cuore, nel rompere ogni suo più sacro e soave legame, nell’avezzarla ad una tensione morale di tanta forza da non sapersi più scernere fra il bene ed il male assoluto, il bene ed il male relativo e li atti tutti, che orbi sono di morale valore epperò all’uomo di libera scelta. Essi insegnano una dottrina tutta di distacco, d’isola-