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time sacrificate, epperò eccitava continuamente i popoli ai sacrifico, non era più ignorante, era furbo; e l’iterato fumo de’ suoi incensi non era che un insulto a Dio, ch’egli faceva servire a suoi inteteressi.

Più d’una vedrà forse altra cosa, che l’infanzia dello spirito umano, in questi riti dell’umanità primitiva, ma noi risponderemo con una sola osservazione. I sacrificii cruenti, criminosi, se di vittime umane, assurdi se di ostie brutali, cessarono sotto l’impero di due autorità. La prima fu il Van, gelo, che promulgò la più razionale delle religioni; la seconda fu il progresso della civilizzazione, che chiarì allo spirito umano la vanità di cotali ossequi e la loro assurdità. Ora se i progressi della ragione resero incompatibile il sacrificio, ciò basta per dare il nome alla cosa.

Dovendo l’umano ossequio alla Divinità essere razionale, ne emerge di natural conseguenza, che non debbano le esterne sue manifestazioni superchiare agli occhi nostri in importanza l’intimo sentimento che li produce. Che se al riconoscente affetto, che verso Dio ci porta e delle leggi imperscrittibili della morale ci fa teneri osservatori, come sendo dallo stesso suo dito scritte ne’ cuori nostri, anteponiamo gli atti esterni e convenzionali del culto che, orbi per sé stessi d’ogni morale valore, altro non sono che l’espressione di quello, noi adopreressimo come chi il vetro anteponesse al diamante, il bacio all’affetto.

Eppure, se poniamo a disamina lo zelo, con cui tutti gli ascetici scrittori moltiplicarono in ogni confessione, e classificarono in infinite categorie mille pie pratiche, e di quale importanza vollero circondarle e con quale entusiastico fervore le vollero raccomandate e praticate; davvero, non intendo calunniare le intenzioni loro, ma credo altro non s’avessero in vista che di soffocare il reli-