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«Brami invan d’esentarti alle punture
«Se fur d’Appelle infin l’opre immortali
«D’un ciabattin soggette alla censura».

Che se a’ pii esercizii rivolgerai l’animo a pietà inchinevole, sarai tosto nello spirito del volgo ipocrita o bigotta; se agli studii addestrar vorrai lo innato ingegno sarai pedante; se alla tavoletta intenta le lunghe ore ogni cura adoprerai ad esser bella, sarai tosto leggiera e vanerella; se del moto o del passeggio bisognosa ed amante, di spirito ozioso e svagato avrai la fama; se società raccogli nelle tue interne sale e di frequente sarai nei teatri vista, mille, più o men veri, galanti aneddoti circoleran sul conto tuo; se, della prole amante e del consorte, trarrai oscura e laboriosa vita fra domestici affetti e doveri, non mancherà chi a difetto di spirito e d’attrattive la volontaria solitudine attribuisca. Se, bella essendo e corteggiata, sarai costretta per genio o per dovere a chi il cuore negare, a chi la mano, di superba’ o di fiera t’acquisterai rinomanza. Se natura avesti matrigna e di bellezza manchi e d’attrattive, per ciò solo d’imperdonabile delitto sei già rea, e la grazia sarà per te affettazione, la dignità pretesa, smodato sfarzo la decenza, ogni virtù ti scemerà di pregio, ed ogni neo salirà fino a deformità mostruosa.

Laonde, a premunire dalla ingiusta e dolorosa pressione di sì sventati e crudeli giudizii, la donna, che per la natia timidezza dell’animo già li soffre e li teme (e per la sua debolezza è ben già di soverchio esposta agli oltraggi) ben lunge dal curvarle vieppiù la testa sotto il giogo ingeneroso, che il filosofo ginevrino si affatica a premerle sul collo, io le fo coraggio e le ripeto:

«Anima che per biasmo si dibassa
«E per lode s’innalza è debil canna
«Cui muove a scherzo il venticel che passa».