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vasione demoniaca, la lebbra considerata siccome castigo divino dagli Orientali; i pregiudizii del popolo dei nostri giorni che, associando il sopranaturalismo ai fenomeni i più semplici e naturali, fa perfin talora della morte ch’è pure un fatto cotidiano e costante1 un castigo di Dio; tutti questi erronei criterii come potrebbero altrimenti chiamarsi se non le naturali espressioni dell’ignoranza?

Roma chiudeva, (pel supplizio d’una Vestale), tre giorni il foro, il Senato, i pubblici mercati, sospendeva i giuochi, la guerra, tutti i pubblici interessi ed i privati, ed offriva notte e giorno vittime espiatorie, persuasa che la battaglia sarebbe perduta, i giuochi sgraziati, gl’interessi ruinati se prima non avesse placati gli Dei.

Avendo in Roma una donna difesa nel foro la propria causa, il Senato inviò a Delfo a consultare l’Oracolo per sentire quale sventura soprastasse alla città ed alla nazione per siffatta enormità.

Sendosi abolito in Francia, per decreto di Sinodi provinciali, i banchetti nelle chiese che si facevano in dati giorni dell’anno, la cui sconvenienza andava al punto da ingombrare con piatti e bottiglie perfin l’altare sul quale il sacerdote celebrava, mentre e popolo e clero bivaccava, si inebbriava e schiamazzava insieme, il popolo non mancò di gridare all’empietà e s’accorava seriamente che si volesse distruggere la religione2

  1. La storia contemporanea ce ne ripete gli esempi. La Civiltà Cattolica chiamava castigo di Dio la morte di Monsignor Bignami; era la voce degli interessi; ma quando taluni del popolo lo ripeterono, allora era la voce della ignoranza.
  2. Nel XV secolo troviamo stabilite anche in Inghilterra le così dette Messe ghiottone, per cui la voracità e