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La donna fa ed è sempre considerata come fuor della legge, coll’aiuto della sua debolezza ehe si ha ogni studio ed ingegno di esagerare fino al ridicolo, e coll’opportuna messa in iscena della sua pretesa incapacità, a smentire la quale sorgono dovunque invano splendidi fatti.

Indarno la prosperità di mille case di commercio, di mille stabilimenti industriali attestano ed affermano i suoi talenti finanziarii ed amministrativi.

Indarno le mille e multiformi produzioni del suo spirito fanno fede della svegliatezza e fecondità del suo ingegno.

Invano regine e principesse, le cui splendide e recenti gesta non sono ad alcuno ignote, con saggio governo e con ogni forma di politico reggimento felicitando i popoli, e prosperando le sorti delle nazioni loro affidate, fecero e fanno fede dei talenti politici della donna.

Indarno si odono tuttodì donne del popolo, coi loro schietti parlari, rivelarsi calde parteggiatrici, e darci della loro politica intelligenza una misura che non ci aspettavamo.

L’opinione, o meglio la prevenzione pubblica, alla quale ornai non si può levar taccia di mala fede, si copre gli occhi, si tura le orecchie e ripete imperterrita: la donna è incapace.

Ora, se si può vincere il pregiudizio, la mala fede non si vince; ma rimarrà pur sempre vero che, essendo il diritto politico (non mi fermerò a discutere se con torto o con ragione) fondate sulla proprietà, ed essendo riconosciuta, affermata e sopratutto aggravata la proprietà femminile al par della maschile, la donna è dalla legge una volta ancora lesa e violentata.

Non bisognava imporre alla donna una dote per maritarsi, non bisognava obbligarla al lavoro per mantenersi, non bisognava che ogni Adamo