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rii interessi; vede combattersi sulla faccia della terra una titanica lotta; ma il suo spirito, incapace perito di parteggiare, non ne è per nulla curioso; oppur cocciuta conservatrice vorrebbe risuscitare l’impossibile passato.

Ora così non può, non deve camminare la cosa!

Legislatori, occupatevi della educazione della donna! Non vi ostinate nella negazione della giustizia! Si consultino le sue attitudini, si assecondino le sue vocazioni e si applichino. Ella vi ha un diritto morale e giuridico.

Se l’identità del fine tragge con sè identità di dovere, desso suppone altresì identità d’attitudini. Ora ciò tutto costituisce un diritto ingenito ed innegabile, donde un altro diritto, l’applicazione di queste attitudini educate e sviluppate in funzioni adequate e corrispondenti: funzioni che null’altro vieta alla donna che il meschino pregiudizio d’una lunga abitudine d’esclusione, che lei intimidisce dallo aspirarvi, e l’uomo ritraggo e sfiducia dallo affidarle.

L’intelligenza femminile è un terreno vergine ed inesplorato; peggio, è terreno sul quale imperversarono mai sempre ingenerosi i venti degli iracondi interessi, le grandini avvelenate delle satire e dei sarcasmi, le nebbie fitte ed asfisianti dei religiosi terrori a soffocarvi in germi, od a mietervi immatura la spontanea vegetazione.

Ma siccome, in faccia al principio incontrovertibile del diritto, la donna ha diritto all’istruzione; siccome il suo spirito è vocato a progredire; siccome la sua intelligenza si è potentemente svegliata in pochi anni di libera vita; siccome tutti i diritti sono fratelli, e la donna lo capisce generalmente assai bene; siccome la filosofia reclama la donna per riceverne coll’impronta del suo genio un po’ di possibile e di concreto, così