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accettare nessun mandato; non può accettare nessuna donazione; non può validamente accettare nessuna eredità; non può assumersi fideiussione; in una parola, civilmente non esiste. Dove il marito si rifiuti all’assenso, il Tribunale di prefettura assume i suoi diritti, e conferma il rifiuto di lui, oppur prescinde secondo che gli pare; e questa specie di difesa, che la donna ripete dalla legge che controlla il rifiuto del marito, non è che un incoerenza di più in faccia al suo spirito, una oscurità di più ch’ella apporta a quell’oscuro busillis che è la protezione maritale, un fatto di più che prova alla donna sposa, ch’ella è sempre minore od interdetta.

Se non che, potrebbero per avventura, questi esorbitanti diritti maritali, se non certo giustificarsi, almeno spiegarsi sopra ciò, che, dovendo il consorte nutrirla, in caso di dissipazione ella cadrebbe a tutto suo carico.

Ma, signori no, anche qui la legge ha provvisto per non aver ragione, col sopraccitato paragrafo 128, nel quale è disposto che, «la moglie debba alimentare il marito, quando egli non ne abbia i mezzi bastanti» per cui, soggiacendo ambedue allo stesso peso, qui, come dovunque, la legge si sollecita affinchè non vi soccomba che il debole. Il marito perciò potrà sciupare i beni suoi e quelli della consorte, ch’egli solo amministra senza controllo, eppoi dovrà esserne alimentato.

Cosicché riassumendomi, abbia il marito torto o ragione, sia egli o non sia in buon accordo colla moglie, sia egli onesto od immorale, sia egli accorto e prudente, oppure stupido od incapace, la legge ha già deciso in anticipazione, che il matrimonio deve produrre nella donna l’evirazione delle sue facoltà; per cui deve divenire essenzialmente incapace, mentre nel marito deve aggiungere onestà ed intelletto, senza eccezioni e senza limitazioni.