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La storia ve lo ripete ad ogni pagina, ad ogni riga. I diritti e le libertà ottenute in dono sono illusorie; esse così sciolgono dalla servitù materiale, per travolgere sotto una schiavitù morale colui, che fu abbastanza codardo da non conquistarsela colla propria virtù.
Il dono addormenta la coscienza del dovere e del diritto in luogo di svegliarla; ci adusa a lasciarci tutelare; ci sninnola in grembo ad un illusorio ottimismo, e così, coll’atonia dello spirito, ci riconduce pian piano alle catene.
La donna fece sopra sè stessa, ed a sue spese, questa triste esperienza. Nel Medio Evo le corti d’amore diedero alla donna il nome di regina e di signora, essa fu elevata, fu magnificata, fu idolatrata. Ma quel culto era gratuito, era dono dell’uomo, di quell’essere bizzarro che, mentre allora si faceva trafiggere da mille spade, per meritarsi uno sguardo dalla donna de’ suoi pensieri, trova ora esorbitante che ella voglia essergli compagna piuttosto che schiava.
Ora la donna non si curò in allora di affermare la propria individualità; e sebbene delle più o men numerose unità sorgessero qua e là a tener desta e viva nel mondo l’idea della sua potenza intellettiva e morale, la massa femminile, cullata fra le nenie dell’amore, le si affidò all’intutto, e si addormentò di sonno profondo nel grembo di quella deità capricciosa.
Avvenne ciò che avvenir dovea. Ella si destò, ma la sua condizione era affatto cangiata. Amore e Mammona occuparono il suo posto sull’altare venerato, l’uomo fu sacerdote, ed ella l’ostia ch’egli immolò in omaggio a quella copia mostruosa.
Niun diritto, niuna libertà è potentemente affermata se a quella libertà non si accoppia la coscienza, a quel diritto non si aggiunge la potenza e la volontà di esercitarlo. Ora questa potenza,