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pressione che sopra le gravita, e dacché le si costituisce un delitto d’ogni pensiero o parola conforme al voto della natura.

«Chè di più inconseguente dell’opinione di Diderot, dove pretende che per iscrivere alla donna è d’uopo intinger la penna nell’Iride e spolverare lo scritto col pulviscolo delle ali della farfalla?

Le donne possono rispondere ai filosofi: «La vostra civilizzazione ci perseguita dacchè obbediamo alla natura; ci si sforza ad assumere un carattere fittizio, a non ascoltare che impulsi contrarii ai nostri desiderii. Per farci gustare dottrina siffatta è ben d’uopo mettere in giuoco le illusioni ed il menzognero linguaggio, come fate al soldato per illuderlo sulla sua misera condizione. S’egli fosse davvero felice, potrebbe accogliere un linguaggio semplice e vero, che hassi gran cura di non tenergli. Lo stesso è della donna; se libera fosse e felice, ella sarebbe meno avida d’illusioni e di moine, e non sarebbe d’uopo, scrivendole, di porre a contributo nè l’iride, nè la farfalla». — Pag. 146 e 147.

«Quando la filosofia satirizza e schernisce i vizii della donna, essa fa la sua stessa critica; è dessa che produce quei vizii per un sistema sociale che, comprimendola, fin dall’infanzia e durante tutto il corso della sua vita, l’astringe a ricorrere alla frode per abbandonarsi alla natura.

«Voler giudicare la donna sul viziato carattere ch’essa spiega nella civilizzazione, equivarrebbe al voler giudicare la natura virile sul carattere del contadino russo, che non ha idea nessuna di libertà e d’onore, e sarebbe come giudicare il castoro sull’imbecillità che mostra nello stato domestico, mentre che nello stato di libertà e lavoro combinato, esso è il quadrupede più intelligente. Lo stesso contrasto apparirà fra le donne