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sacrerei, se la schiavitù mia sta sotto ogni forma di governo nazionale o straniero, laonde le patrie questioni non sono per me che tesi astratte e di remotissimo interesse? Perchè ogni impulso di natura aggiogherei, tiranneggiando me stessa, per piacere ad un uomo che non si dà per me l’egual pena, creando a sè una morale dagli ampii margini, mentre a me disegna i confini più angusti appena escogitabili dal personale arbitrio?

E la donna così pensando, ed operando in conseguenza, scarsa vendetta farebbe delle patite enormità; e non potrebbe l’uomo troppo lagnarsene: ed ella avrebbe il pien diritto di cavare cotali conclusioni dalla lunga storia de’ suoi martirii. Ma oltrecehè la donna, fornita ben più dell’uomo d’animo generoso, di raro i conti suoi fa colli interessi, e sempre col cuore; ella così facendo non farebbe che ribadire le catene della sua schiavitù, ed affermare la nullità della sua intelligenza. Laonde non quei soli indiretti motivi portarla debbono a coltivarsi, ma altresì lo suo stesso interesse e diritto e dovere.

E dicemmo diritto e dovere; e questo diritto e questo dovere stanno, in onta alla secolare oppressione in cui giacque la intelligenza femminile. Ed egli è appunto perchè il sapere è suo diritto e suo dovere, che vani riescirono tutti gli ostacoli, deboli i ceppi, sprezzate le autorità, superate le barriere, vinte le lotte, il sarcasmo domato e spuntati i ridicoli. Gli è appunto perchè il sapere è suo diritto e suo dovere, che l’uomo ragionevole ed equo piega alfine la vinta cervice innanzi allo splendido vero, alla evidente affermazione del fatto. Gli è appunto perchè è suo diritto e suo dovere, ch’ella pronta e spontanea rispose all’appello della civiltà, e di sè ingombra infinite scuole, dove la filosofia parli al popolo