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scienza di sè, delle proprie facoltà, delle proprie forze.

Tutto congiurò ad annichilirla: e la forza brutale. che di null'altro curavasi che di porre a profitto le sue membra a vilissima servitù; e la perpetua soggezione, che la tiene sempre pendente dallo arbitrio altrui, epperò informata la vuole ad estranei interessi; e la incapacità legale, che le è aggiudicata senza restrizione o considerazione d’età o di individuo; e la scienza, che sebbene la vegga starsi coll’uomo in ragione di causa e d’effetto, pure facendo per lei eccezione all’ordine delle cose tutte, pretende che qui soltanto sia la causa d’altra natura dello effetto suo: e la letteratura, che null’altro mai trova di laudabile in donna che l’occhio, le carni, le chiome, il grazioso incesso e le tornite membra; e lo aborrimento che molta parte degli uomini si reca ai gravi studi, onde fastidiosa loro torna ed importuna la donna, il cui spirito serio e colto sentono di non potersi facilmente sedurre colla scarsa scienza di sciorinare scipiti complimenti, nè col natural dono di un prepotente polmone; e lo angusto confine dalle istituzioni d’ogni paese statuito alla femminile coltura; ed il poco caso che sempre se ne fece, sicchè dai corpi accademici perfino respinta, quasi gli allori da essi intrecciati non la scienza destinati siano a coronare, ma teste virili puramente e semplicemente.

Da tutta questa congiura contro la femminile intelligenza che ne emerse? Ne emerse, che i progressi dello spirito umano siano più lenti; ne emerse che ogni uomo, aventesi ai fianchi una donna, in luogo d’aversi lo aiuto a lui convenevole, s’abbia un ingombro; ne emerse che questa creatura, nella quale si innoculò con tanto studio il sentimento della sua innettezza, perda ogni dignità, e con la dignità ogni morale; ne emerse