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che il mondo chiama la sua vita brillante, dimentica l’umido e le infreddature, gl’incomodi e le molteplici esigenze della vanità; supera il fango e la polvere, il sole e la neve, e va instancabile, viene e ritorna, ascende la scala del povero, infrange la consegna del ricco, e tanto fa e si adopera col cuore, colla parola e colla mano che ha raggiunto alfine lo scopo, e lieta ritorna e fiera del suo trionfo più assai che della ammirazione e dei plausi che tante volte l’accolsero nei brillanti convegni del mondo gaudente.

Non crediate però, lettrici mie, ch’io non vi parli, che dello sterile soccorso, che voi deponete nella mano che si stende verso di voi supplichevole. Fra tutti i modi di soccorrere ai materiali bisogni è questa la più imperfetta, e lasciatemi dirlo, la meno morale, e non può essere giustificata che dell’urgenza del bisogno, ma è quella pure che ridotta a sistema ed organizzata su larga scala, perpetua la mendicità, ed abrutisce lo spirito. Come può mai un essere dalla mente civilizzata vedersi davanti supplichevole e seminuda una creatura qual’è l’uomo ricco d’intelligenza, forte di braccio, non ad altro occupando la inerte sua vita, che nel distendere servilmente al suo simile la mano colla voce piagnolosa ed il languido sguardo? E qual diritto ha egli mai un uomo d’imporre al suo simile una tanta degradazione? Qual diritto ha egli di subordinare al suo arbitrio e capriccio l'esistenza d’un suo fratello? Questo sconcio che è l’accatonaggio va scemando più sempre coi progressi della industria che distribuisce più universalmente la ricchezza, laonde le mie parole non andando a colpire un fatto che vi si presenti su grandi proporzioni vi parranno per avventura troppo severe.

Certo i nostri tempi differiscono assai dagli