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di onorarlo e di piacergli, ozii e libertà, gioie e mollezze lasciarono a mille e a mille per le perpetue reclusioni e le aridi solitudini dei deserti.
L’umanità da educare ed incivilire, da illuminare e soccorrere, ecco il lavoro che incombe a tutti coloro che avendo una educazione avuta e dei lumi, trovansi in grado di dare ad altrui ciò ch’essi stesso han ricevuto.
Mi chiedete voi del mezzo a ciò fare? Io rispondo, coll’amore; A qual fine? Affinchè gli uomini si amino. Con qual ricompensa? Gli uomini si ameranno. Ed io concepirei ben sinistra opinione di quella che queste pagine leggendo, trovasse quel fine e quella mercede insufficienti a quel mezzo ed a quella fatica.
Ora chi mai convinto, che colla potenza dell’amore soltanto si potrà consolare, soccorrere, civilizzare questa povera umanità; chi dico, non si volgerebbe tosto alla donna? Non è ella quella creatura, sublime scialaquatrice d’affetti nella quale ogni pietà è innata, e tutta di sensibilità è plasmata? L’uomo non è giovine, che una volta sola in sua vita; ma la donna non reca ella in sè stessa i facili entusiasmi, l’indomabile speranza, la generosa ammirazione del grande, l’amore del sacrificio, che serbano intatta ai tardi anni la balda gioventù dell’anima? Non è dessa quella creatura nella quale così difficilmente s’insinuano i freddi consigli d’una egoista prudenza che medita per secoli, discute con dei volumi, e non trova un dito mai per operare? Non è alla donna il cui cuore è il serbatoio del sacro fuoco dell’amore, al quale Iddio affidava tutte le generazioni, a fecondare in esse i germi degli affetti, che fanno cogli entusiasmi giovanili le fronde ed i fiori, e i frutti recano nella matura età di sociale benessere? Non è egli alla sua voce insinuante che natura