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edificarvi l’altare ad una divinità meno nobile, e meno pura.

Come il tempo purifica e legittima l’amore, così l’indissolubilità di quel nodo è l’aureola di cui si cinge un’unione, di cui più santa e feconda non saprebbe escogitarsi.

Direste voi che qui non v’abbia che conservazione e propagazione di specie? No. Qui vi ha tutta una scuola di perfezionamento. È l’orgoglio domato alla vista del merito; è la debolezza rinfrancata dalla forza; è la durezza che si ingentilisce; è il sentimento che si sposa alla ragione; è un re che si toglie volontario le insegne usurpate della signoria; è una nazione che lo ricambia colmandolo di gloria e d’onore; è la fermezza che non degenera nell’inflessibilità perchè la pietà e la clemenza le sussurrano istancabili all’orecchio i loro soavi consigli; è la pusillanimità che il cuor si dilata sentendosi vicino la ferma colonna della forza; è lo spirito dettagliato ed analitico disposato allo spirito complesso e sintetico d’onde risulta completa la scienza; è l’amor del concreto che doma gl’indiscreti voli dell’astrazione; è questa che quello spinge e solleva verso la filosofica speculazione donde nasce il vero; è una corrente insomma, luminosa e vitale, che due esseri identifica così da farli ciascuno a sua volta agente e paziente, modificato e modificatore, illuminatore ed illuminato.

Davanti a sì sublime armonia di due esseri umani, è impossibile non riconoscere, che il matrimonio non debba al solo interesse della specie ridursi, ma costituire una società vera nella quale si dà e si riceve, e dove l’utile deve essere proporzionato alla somma del valore impiegatovi.

Fuori di queste proporzioni sta l’ingiustizia, sta l’ineguaglianza, sta lo arbitrio, colle quali cose tutte è incompatibile il morale utile e l’avvanzamento degli associati.