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e trascina, maltratta e divora, tiraneggia, ammala ed uccide talora la più vigorosa esistenza; e nello spegnersi di cotanto incendio che non mai più le morte ceneri intepidisce, chiaro questo vero vi si appalesa, che cioè natura ebbe allo amore affidato la sua forza onnipotente e fatale per conservare la specie, il quale scopo conseguito, muore, non avendo più alcuna ragione di esistenza. Laonde voi lasciandovi all’intutto dalla natura insegnare, apprendete anzi tutto la importanza del fine, quindi la logica del mezzo; e, come alla unione sessuale vi date coll’occhio fisso ed intento alle conseguenze che scaturire ne debbono, in questa quindi consultate il voto della natura dalla ragione illuminato.

E tanto più consultatelo in quanto che, la istituzione del conjugio, perpetuando per anni e per la intera vita, una condizione di cose che non furono volute che dalla prepotente forza d’un giorno e d’un momento, impegna la donna in un martirio prolungato, in una lotta incessante colle successive aspirazioni del cuore e la parola giurata, coi fortissimi reclami della natura e la firma da lei apposta al contratto.

Oh almeno giovani lettrici mie, nei primi tempi del vostro connubbio, nel quale i più tremendi sacrifica si richieggono da voi, accorra almeno la natura con quel fitto velo, che sono i delirii dell’amore, ad attutire le angoscie supreme dell’oltraggiato pudore, ad abbruciare la stilla della offesa verecondia che sorge spontanea sulla ardente pupilla, a velare, colla mutua e libera espansione degli affetti e la divina armonia dei cuori, quelli umilianti rapporti di diritto e di dovere che il contratto sanciva, in onta alla natura, che le due parti accosta colla potenza sola dell’amore in ciascuna delle parti autonomicamente risiedente.