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lecitudini volute dall’età più adulta. Son ben poche, la Dio mercè, le madri che vengono meno ai primi ufficii che richieggonsi dalla prole bambina la maggior parte trascendono anzi nel tormentarsi enormemente d’ogni maluccio la incoglie esagerandosene sotto ogni aspetto la gravità e le conseguenze. Per tutto il mondo non vorrebbero vedere i loro bambini buttare una lagrima, e ad ogni pena ed incomodo si sottopongono anziché contrariarli in checchessia. Cieche affatto davanti ai sintomi forieri di nascenti passioni propendono cordialmente nel battezzare col nome di sensibilità, di spirito, di fermezza, d’ingegno, l’impeto, il capriccio, la cocciutaggine, l’impertinenza.
Ma se queste viziature della tenerezza materna sono per avventura scusabili nella tenerissima età della prole, nella quale l’affetto che le si porta conserva un talchè di così vivace e quasi direi sensuale, e la piccolezza e la delicatezza del bambino ci ammorbidisce il cuore così da renderci penosissimo il difendercene; non è egualmente perdonabile che duri, quando uscito dalla puerizia l’uomo si avvia alla vita morale, per la quale può rendersi funesto nello ingigantire, il menomo diffetto.
Perlochè di mano in mano che la prole va uscendo dall’infanzia il cieco e sensuale istinto materno deve dar luogo ad un intenso morale sentimento, e dappoichè il suo corpo è rinfrancato e la esistenza sua garantita dal vigor delle membra, deve volgersi ad informarne la mente ed il cuore con ogni sua potenza, e sollecitamente. Sì, la madre dell’uomo deve far molto di più di ciò che fanno le madri nelle altre specie animali onde soddisfare alla missione impostale. Dotata di intelligenza vivace e di squisito sentire, fornita di un prontissimo intuito ad afferrare i rap-