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tale peregrinazione; e la vivace e colta fantasia, e ho spirito gentile ed educato, e l’anima ove s’annida innato ogni soave e pietoso affetto, lo faranno lieto di; quell’aiuto convenevole che Dio intese dargli quando la plasmava.
Non ha ella già sofferto abbastanza in sessanta secoli d’oppressione questa protomartire dell’umanità? E non è egli tempo che i legislatori si vergognino di avere adunato sulle fronti delle loro madri tanto vitupero, quanto ne agglomerarono colle loro brutali legislazioni? Non è egli tempo che gli uomini ricambiino, con un po’ di riverenza e d’affetto, la tenerezza e le cure delle madri loro? La donna, stringendo al petto l’uomo bambino, e nutrendolo dello stillato del suo cervello, dovrà sempre allevarsi con tanto amore un nemico, un tiranno?
L’uomo sarà egli sempre il supremo arbitrato della famiglia, chiudendo così a forza intorno a lui gli affetti della donna che nulla di meglio cercano, che di espandersi a tutto circondarlo della tepida atmosfera della benevolenza, e della spontaneo e lieto sacrificio?
«V'è un angelo nella famiglia, scrive Giuseppe Mazzini, che rende con una misteriosa influenza di grazie, di dolcezza e d’amore il compimento dei doveri meno amari. Le sole gioie pure e non miste, che sia dato all’uomo di goder sulla terra sono mercè quell’angiolo, le gioie della famiglia. Chi non ha potuto, per fatalità di circostanze, vivere sotto l’ali dell’angiolo la vita serena della famiglia, ha un’ombra di mestizia stesa sull’anima, un vuoto che nulla riempie nel cuore; ed io, che scrivo per voi queste pagine, io lo so. Benedite Iddio, che creava quell’angiolo, o voi, che avete le gioie e le consolazioni della famiglia! Non lo tenete in poco conto perchè vi sembri di poter trovare altrove gioie più fervide, e consolazioni più rapide