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abbiamo letto solo il primo canto, e lo abbiamo trovato bellamente tradotto, e leggendolo ci siamo maggiormente soffermati nella nostra opinione, essere cioè il dialetto napoletano il migliore per esprimere i sentimenti dell’animo, gli affetti, le passioni, e qualunque idea che potesse umana mente concepire. Avremmo però considerato che in questo colossale lavorìo lo Jaccarino non si fosse mostrato parco nella spiegazione e nei commenti della Divina Commedia; nè avesse fatto menzione di una certa ombra comparsa in sogno. Le son cose codeste, volgari ed insussistenti, da lasciarle agli ascetici. Del resto il lavoro dello Jaccarino ha ancora un altro pregio, quello della filologia della lingua; poichè a dire di Melchiorre Cesarotti lo studio di tutti i dialetti nazionali è necessario per possedere pienamente la lingua italiana. Speriamo che questo lavoro fosse di non poca utilità; e che l’opera del traduttore riceva quegli apprezzamenti degni del suo merito e del suo ingegno.

(La Scena di Venezia. — Anno VII. num. 30. — 23 dicembre 1869.)

N.° 53.

Ricevo da Napoli il primo fascicolo del Dante Popolare opera della divina Commedia tradotta in dialetto napoletano dall’egregio cav. Domenico Jaccarino. Da questo saggio che contiene il primo canto dell’Inferno si comprende che il Jaccarino fa opera molto utile rendendo popolare il divino poema, mantenendone l'altezza del concetto.

(Il Monitore degl’Impiegati di Milano. — Anno VI. num. 44. — 27 dicembre 1869.)

N.° 54.

Agli adagi del popolo noi abbiam sempre tenuto, ed ora ne cade in acconcio ricordarne uno che va magnificamente al proposito.

«Dimmi con chi tratti; io ti dirò chi sei».

Se, alla nostra volta, ci si desse una picciola permissione, noi ne metteremmo un altro sulla bocca, e nel