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dispensa della sua traduzione della Divina Commedia in dialetto napolitano. Dal primo canto dell’inferno che si contiene in questo primo fascicolo, si può già riconoscere la felicità della traduzione che riduce il divino poema alla intelligenza popolare, vestendo la traduzione di un brio speciale. Il dialetto napolitano non è punto famigliare a chi nacque e vive nel paese appiè delle alpi, e nondimeno colla scorta del testo che sta di fronte alla traduzione si riesce perfettamente a comprendere tutti i pregi e le bellezze che il chiaro Jaccarino seppe trasfondere nel suo lavoro.

A lui le nostre sincere congratulazioni.

(La Vedetta di Novara — Anno XI, num. 45. — 6 novembre 1869).

N.° 38.

Il Dante popolare in dialetto napoletano per cura del Cav. Domenico Jaccarino.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

Un genere popolare di letteratura eccezionale quale è quello, onde i classici nazionali volti nei vari vernacoli si diffondono per gli ordini più bassi della popolazione, può attualmente avere immensi vantaggi. Le antiche divisioni territoriali italiche han procreato una diversità ingente di dialetti, ne’ quali si specchia il pensiero delle moltitudini non agiate fuori della Toscana specialmente sentesi la grande differenza tra la lingua scritta e la parlata, se tu metti in corso fra le plebi, gli operai, gli artieri, i mestieranti di ogni sorta, un libro popolare moderno, sia pure escito dalla penna di un Parravicini, di un Thouar, di un Bianciardi, appena te lo intendono, te lo articolano: cioè prodotto non solo dalla infanzia della istruzione elementare, dal numero favoloso dei poco amanti di lettura, quanto dalla poca nessuna diffusione della lingua nazionale, (che aspetta contatti sociali più pronunziati per estendersi sotto il livello degli studiosi); dipende anche dall’essere la lingua scritta pregna di quei vivaci modi dell’atene Etrusca, e dei paesi bene parlanti della Toscana, che altrove non s’intendono o si fraintendono.