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A D. Ciccio nelle presenti copiosissime pioggie, ed inondazioni.
xcix. Che più lo stesso mar nol può ricevere?
Son le campagne omai sazie di bevere
4Ma non han che mangiar le genti povere.
Già fuor dell’altre rive il passo muovere
Veggo l’Arno a Firenze, a Roma il Tevere;
Rotti i ripari, alla Stellata, e a Revere,
8Già va baccando il Pò sovra ogni Rovere.
Ma se di nembi armato il Ciel colerico,
Lancia contro di noi gli aquosi spicoli,
11Onde a ciascun quest’anno è il climaterico,
Tu sol, fuor di questi umidi pericoli
Salvo uscirai, come leggiero, e sferico,
14Per conservar la specie de’ Testicoli.
L'Autore dopo il nonagesimonono Sonetto vorrebbe arrivare al centesimo.
c. Sino al cento arrivar, ma dall’oscena
Materia, ond’hanno il tema i versi miei,
4Si ritirò la vergine Cumena.
Tu dunque, o Febo, tu, ch’uso già sei
L’oscenità degli altri a porre in scena,
Tu propizio m’assisti e tu per lei
8Gonfia la mia testicolare avena,
Spirami tu dalla Pimplea pendice,
Per D. Ciccio esaltar, nuovo argomento,
11Già che cotanto al mio saper non lice;
Ma Febo già m’esaudì; già sento,
Che replicando in alto suon mi dice —
14Egli è un C... egli è un C.... e cento.
C4 | D. Cic- |