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Il Segno.

lxxvi.
S
E ben D. Ciccio è morto, io però spesso

     L’ho, qual se fosse vivo entro la mente,
     E l’imaginazion mel fa presente
     4In forma tal, che dico: Egli è quel desso.
Anzi dormendo ancor visibilmente
     Io l’ho talor per via de’ sogni appresso,
     E l’altra notte particolarmente
     8Pareami udirlo, e ragionar con esso.
Onde per quell’amor che sempre mai
     M’avea tenuto seco in unione,
     11Ratto ver lui mi mossi, e l’abbracciai;
Ma ’l mio sogno non fu; fu ben visione;
     Poiché, desto in quell’atto io mi trovai
     14D’avermi con la man preso un C....


Contro i Detrattori della Cicceide.
Al Sig. Conte Marcello Masdoni.

lxxvii.
C
Onte, la mia Cicceide è diventata

     D’ogni lingua satirica il bersaglio;
     Chi battezza l’Autor per un sonaglio,
     4Chi l’opra per insipida, e snervata.
Chi le scaglia per fianco una sassata:
     Chi la tira di punta, e chi di taglio,
     Ed io per me medesimo non voglio
     8Da tanti colpi a renderla guardata.
V’ha certi Spirti poi delicatuzzi,
     Che, quali ella spirasse aure letali,
     11Increspano in vederla i nasi aguzzi;
E pur, perchè non esca, e non esali
     Da qualunque sua parte odor, che puzzi,
     14Io mi studiai d’aspergerla di Sali.



K3 L'Au-