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D. Ciccio poetizza in tempo di primavera.
lxii. D. Ciccio a sguainar versi d’amore,
Quasi che da poetico furore
4Internamente trovisi agitato.
Anzi con un supposto immaginato
Vanta, che Febo stesso a tutte l’ore
Gli sta nel petto a fomentar l’ardore,
8Ond’ha tutto lo stomaco infiammato.
E in ver creder potiamo a gran ragione,
Che sia venuto da l’eterea mole
11A starsene quì seco in unione;
Però, ch’appunto questa è la stagione.
In cui dicon gl’Astrònomi, che ’l Sole
14Or col Bue si trattiene, or col Castrone.
D. Ciccio in tre giorni ha composti dodici Sonetti sopra la presa di Buda.
lxiii. Più d’un, ch’al suon di non volgare avena
Per così plausibile accidente
4Offre Sonetti al vincitor Lorena.
D. Ciccio intanto anch’ei fra simil gente
Con la sua dolce, inessicabil vena
Messosi a poetar, felicemente
8In tre dì n’ha sfodrati una dozzena.
Quindi cred’io ch’un ingegnon sì raro
Sopra questo medesimo argomento
11Ne farà senza dubbio un centinaro,
E di tal mia credenza il fondamento
Vien dedotto non sol, ma reso chiaro
14Da quel Proverbio: Un matto ne fa cento.
A D. Cic- |