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D. Ciccio ha venduto un Orto per farsi un abito di Scorruccio.
Al Sig. Picotti.

xlviii.
C
Urzio, quel miserabil Giardinetto,

     Ch’al povero D. Ciccio era restato
     Nell’asse ultimamente ereditato
     4Del defonto suo Zio D. Benedetto,
Venendo al fin per tal cagione astretto
     A vestirsi di brun, l’ha contrattato,
     E col denar ritrattone hà comprato
     8Ventisei braccia di Cottone in Ghetto.
Or più nulla non ha, poichè quell’Orto
     Tu sai, ch’egli era l’unico fra quante
     11Cose gli diè l’eredità del morto;
Quindi ancor egli omai per suo conforto
     Potrà dir col filosofo Biante:
     14Tutto, quant’ho di ben, meco mel porto.


La Bontà di D. Ciccio.
Al Sig. Canonico Santucci.

xlix.
S
Antucci, è cosa strana! Oggi la gente

     Ha di D. Ciccio un pessimo concetto,
     Non essendo tra gli uomini difetto
     4Del quale, a detto loro, ei vada esente,
E dicon d’esso particolarmente,
     Che sia pien d’arroganza e di dispetto;
     Lungo di lingua, e corto d’intelletto,
     8Subitano, iracondo, ed impaziente.
Io però queste lor proposizioni
     l’ho per mendaci, e’l parer mio contrasta
     11Le costor sì maligne opinioni;
Poich’a dir vero, in tutte l’occasioni
     L’ho ritrovato un uom d’ottima pasta,
     14Ma pasta, onde si fanno i maccheroni.



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