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Impresa di D. Ciccio entrato nell’Accademia degli Umoristi.
xxviii. Rimase al fin fra gli Umoristi ammesso,
E l’impresa di lui nel tempo stesso
4Esposta fu tra l’altre al destro lato.
Quì dunque si vedea delineato
Un Alce, e un branco d’Oche intorno ad esso,
Ma senza il motto solito, ond’espresso
8Non ben restava il suo significato.
Così l’oscurità de l’invenzione
Fè, ch’oscura pur anche agli occhi altrui
11Ne rimanesse l’interpretazione;
Ma poscia udissi a dir, che chi per lui
L’avea così formata, ebbe intenzione
14Di dire: O che gran Bestia egli è Costui.
In occasione delle guerre d’Europa l’anno 1690
xxx. (Che tale è divenuta, e tal la rese
Quel morbo marzial, che la sorprese
4Onde s’è tanto estenuata, e strutta.)
Ancor però, che sia sì mal ridutta,
In te, D. Ciccio, ha le speranze intese;
Porgi tu dunque a lei la man cortese,
8Onde al tranquillo suo sia ricondutta,
E non sia novità, che sovvenuta
Oggi venga da te, né ch’ella scampi
11Per opera tua dalla mortal caduta;
Ch’altre volte colà, quando perduta
S’era tra i gigli de’ Sicani Campi,
14Dalla schiena d’un Bue fu sostenuta,
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