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La Serenata.
Accidente notturno.

xxxix.
E
Ra di sera

     Su le tre ore,
     Quando a D. Ciccio
     4Arso d’amore
     Venne in capriccio
     Di far palese
     A chi l’accese
     8L’antico suo libidinoso ardore.
Quindi avanzatosi
     Sotto il balcone
     Di quella rigida
     12Che l’arrostì,
     Con un armonico
     Falsobordone
     Sul Chitarrone
     16Cantò così.
Sì, feritemi,
     Saettate,
     Ch’io per me, luci spietate,
     20Mai d’amarvi non lascerò;
     Ma costante incoccerò,
     Come il Rospo a le sassate.
     Sì sì, feritemi spietate
24Luci barbare, quanto belle,
     fate pur ciò, che volete,
     Siate fulmini, o comete,
     Siate vipere, o ceraste.
     28Ch’io vi voglio adorar, se ci crepaste.
Mentr’in tal guisa
     D. Ciccio esagera


La