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Per il Maritaggio di D. Ciccio con Donna attempata.
xiv. D’aver avuta in sorte
La più nobil donzella,
4Che mai trovar potesse
Chiunque a passo, a passo
Con la lanterna cinica scorresse
Il Forno tutto di Torquato Tasso:
8E certo, a parer mio,
Tutto ciò, ch’ei dice è verità:
Che se la nobiltà vien da l’antico;
Su la mia fè vi dico,
12Che non s’è vista da gran tempo in quà
Maggiore antichità.
Nel medesimo Soggetto.
xv. Si trastulla D. Ciccio, e l’amoreggia
Spesso chiamar la suole
4Con titol di venusta, e di vezzosa;
Ma, nel pronunziar quelle parole,
Con due lettere sole,
Ch’ei proferisce mal, guasta ogni cosa;
8Poiché per verità
In vece di vezzosa, e di venusta,
Se guardiamo all’età,
Par, che le calzi con ragion più giusta
12Il titol di viziosa, e di vetusta.
A D. Cic. |