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L’Autore difende dal detto d’un Aristarco la sua Cicceide.
Al Sig. Giuseppe N.
Che suol gli applausi altrui sentir con pena,
E che lubrica va per quella via,
4Dove il genio satirico la mena,
Ha preso a dir, che la Cicceide mia
E’ parto vil d’insipida Camena,
E s’affatica in rimostrar, che sia
8Di freddure insoffribili ripiena;
Or senza opposizion, sia conceduto.
Ch’abbiano i versi miei, per avventura
11Molto di freddo in se, nulla d’arguto.
Pur se i C.... son caldi per natura,
Non sia poca virtù l’aver saputo
14Dal caldo ricavar qualche freddura.
Per i detrattori della Cicceide.
Al Sig. Domenico Arnolfini.
Letta la mia Cicceide in un ridutte
Là, ve tu pur, Signor, t’eri condutto,
4Ne fer mille spreggevoli risate;
So, ch’ad una per una esaminate
Le parti di quel libro, il disser tutto
Pien di C....nerie senza construtto,
8E degne sol di sprezzo, e di fischiate.
Ma se mai più con simil detrazione
Udrai coteste critiche genìe
11Tassar qualunque mia composizione,
Tu sostenendo allor le parti mie,
Dì, ch’io mi posi a scriver d’un C....
14Giusto per dir de le C....nerie.
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