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di tutti per nobiltà, per eleganza d’architettura, per copia d’acque, per vaghezza di edifizii acconci a ripararne le piante. Nel quale arduo proposito insistendo egli colle esortazioni, colle preghiere e cogli uffizii per tutti i 34 anni che ne tenne il governo, gli venne fatto di lasciarlo a noi di quella bellezza che vi ammiriamo. Furono perciò costruite nel 1694 le numerose fontane e vasche dell’Orto, ed eretto da’fondamenti il gran portone d’ingresso nel 1700, sui colossali pilastri del quale stanno scolpite al di fuori, a regola di chi v’entra, le parole: HIC OCULI, HINC MANUS; al di dentro le altre: FULMINIS OPUS; per indicare come la porta stessa traesse sua origine dall’essere stato incenerito dal fulmine un porticato antichissimo che prima era addossato alla porta vecchia, nella quale occasione fu rinnovata questa nella maestosa forma che or vi si scorge. Nel medesimo anno si fabbricarono presso alla casa del Prefetto quattro svernatoi per le piante; si rinnovò in miglior guisa la macchina idraulica nel 1702; e si fecero altre riparazioni ad essa, e all’edifizio che la rinserra, nel 1715; s’innalzarono nel 1704 due gran portoni del tutto simili al primo a settentrione ed a mezzo dì, fregiando quello di due vasi di pietra contenenti imitate in rame due piante dell’Ananas, a que ’ giorni rarissime. Nel 1706 si sovrapposero eguali vasi con altre piante agli altri portoni, e si costruì il quarto rivolto a levante, che ancora mancava, e che cominciato sin dal 1696, non apparisce terminato che nel 1707. Si eressero statue ai botanici dell’antichità Salomone e Teofrasto, e busti a Fabio Colonna e Gianantonio Saraceno, ponendoli sull’elegante balaustrata che corona la sommità del muro che cinge l’Orto, e che cominciata già nel 1707, fu addotta a tre quarti del muro stesso sino al 1718 (27). Nè ciò bastando, piantato un bosco, procacciate piante dall’India, tutto ravvivato, rinvaghito, ampliato, il Viali lasciò l’Orto di Padova a’ suoi successori in tale stato di floridezza da togliere a quanti lo seguirono la speranza non che di vincerlo, pur di emularlo. Peritissimo nella cognizione delle piante, come at-