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deesi però crederlo notevole rispetto ai tempi e dalle parole dello stesso Belon, e dal titolo di ricchissimo di che l’onora il Gesnero14, e dalle frequenti citazioni delle sue piante registrate dall’Anguillara ne’ suoi Semplici, e meglio ancora da una Informazione sullo Studio di Padova scritta intorno all’anno 1552 da Gianfrancesco Trincavello veneziano ad un gentiluomo suo concittadino, ch’esiste manoscritta nella Biblioteca di S. Marco in Venezia, da cui ritraesi che l’Anguillara avea riempiuto l’Orto d’erbe rare e bellissime, ponendovene più di 1500 sorte; numero non ispregevole se vogliasi considerare alla poca età del medesimo, ed alla ristretta somma delle piante allor note; e se abbiasi a ritenere, com’è molto probabile, che a quel tempo non vi si coltivassero che piante indigene.

Partitone l’Anguillara, volle fortuna che fosse di que’ tempi in Italia Melchiorre Guilandino di Conigsberga, botanico illustre e sventuratissimo. Reduce egli da viaggi fatti per amore della scienza in Asia, in Palestina e in Egitto, mentre naviga dalla Sicilia alla volta del Portogallo, per poi recarsi alle Indie, viene ferito e fatto schiavo dagli Algerini. Francato appena di servitù con duecento scudi d’oro, mandati ai barbari qual prezzo del suo riscatto dal Falloppio, che gli era stretto d’antica e salda amistà, veleggia lieto verso l’Italia; ma dalle rive desiderate per fiera procella rispinto, sbattuto novellamente sulle coste dell’Africa, a nuoto salvasi dal naufragio; ed approdandovi ignudo e rifinito, ottiene a stento per larghe promesse d’essere condotto a Genova. Ivi la liberalità di quei patrizii Battista Grimaldi, Paolo Spinola, Nicolò Doria, Baldassare Lomellino e Franco Lercari sopperisce a’ suoi molti bisogni, e sovviene generosa a’ suoi debiti. Ora quest’uomo, che le patite calamità e la fortezza dell’animo nel tollerarle non rendeano men venerabile che la dottrina, trovandosi per caso in Venezia, fu con mirabile concordia de’ Padri eletto a successore dell’Anguillara cinquanta giorni dopo che questi si era tramutato di qua, come ricavasi dalla lettera di sua nomina, data dal doge Girolamo Priuli li 20 Settembre del 1561,