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Dante e Arrigo VII 15

Gli a’enimenti intanto precipitavano e con loro la fortuna ghibellina. Arrigo VII, dopo l’assedio di Firenze e una non breve sosta tra Poggibonsi e Pisa, per un’ambascieria di Federico re di Sicilia (che gli portò danari e promise soldati) accettò di condurre la guerra contro Roberto, nel regno di Napoli. Partì da Pisa il 5 agosto 13 13, passò sotto Siena e, accampatosi a Monte Aperto, fu assalito dal freddo della terzana. Allora si fece portare a Buonconvento sperando nella salubrità dell’aria. Aggravò invece e il 24 dello stesso mese morì.1

A questa morte svanivano i sogni e le speranze dei Ghibellini e di Dante. Pel trionfo d’Arrigo questi s’era adoperato con tutte le forze; avea scritto un’epistola ai principi d’Italia, ai senatori di Roma, ai duci e ai popoli, esortandoli eloquentemente ad obbedire Arrigo, di cui vantava l’anima e la virtù;2 avea scritto al 31 marzo del 131 i contro ai Fiorentini, che si preparavano a difendersi da Arrigo anziché sottometterglisi, parole di fuoco, e, piià che minaccia, maledizione o sentenza di anatema;3 avea finalmente scritto due settimane dopo (16 aprile) allo stesso Arrigo, invocandolo Santissimo trionfatore, re dei Roniaìii per divina provvidenza e scongiurandolo ad avanzare contro Firenze.4 Questo dettava l’esule stimando santa l’opera dell’Imperatore e per l’immenso desiderio di rientrare nel bell’ovile ove dormì agnello! Anzi si era accostato forse alla sua città persuaso che non fosse lontana l’ora in che vi sarebbe rientrato. Le due

  1. Sorprende che da qualche scrittore moderno sia presa sul serio la leggenda ch’ci morisse di veleno, smentita da tutti gli antichi, come il Mussato, Guglielmo Ventura, il Ferreto, Tolomeo DA Lucca, Giovanni da Cermenate, ecc.
  2. La lettera non ha le indicazioni del tempo e del luogo in cui fu scritta. Quasi tutti però sono d’accordo nel ritenerla dettata sullo scorcio dell’anno 13 IO. Vedila nelle Prose e poesie liriche di Dante Alighieri per cura d’Aless. Torri (Livorno, 1842), Vol. V, e con le Epistole, nelle Opere minori di D. A. a cura di Pietro Fraticelli (Firenze, Barbèra, 1879), Voi. lll, 440. Nessuno, che noi sappiamo, ha mai dubitato dell’autenticità di quest’epistola. Soltanto ora lo Scartazzini, Prolegomeni della Divina Commedia, Lipsia, 18go, p. lOi, azzarda queste parole: «Sull’autenticità di questa epistola non fu mai sollevato alcun dubbio, nemmeno dal Bartoli, che è tutto dire. Dal canto nostro confessiamo di non avere piena convinzione dell’autenticità; ma non vogliamo essere i prijni a sollevare dei dubbi.» Bisogna convenire che questo sistema di critica è d’una novità singolarissima! Se lo Scartazzini ha buone ragioni, le faccia valere. Se non le ha, non .aggiunga confusione alla matassa con simili suggestioni.
  3. Torri, Op. min. di D. A., V, 35-42; Fraticelli, Op. min. diD. A., IH, 450-59.
  4. Torri, Op. min. di D. A., V, 47-61; Fraticelli, Op. min. di D. A., Ili, 464-475.