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152 Il viaggio per mare

stabilito, dimostrando anche d’avere perduto il senso dell’eloquenza!»1

Nessuna strana ingiunzione della Signoria era necessaria perchè gli ambasciatori ravennati si mettessero pel cammino di terra. La via litorale era allora costantemente tenuta da quanti dalle Marche e dalla Romagna inferiore andavano a Venezia e sino allo scorcio del secolo passato fu battuta dal corriere e fu detta strada postale. Il viaggio per un mare irto spesso di burrasche come l’Adriatico era coi mezzi d’allora troppo lungo, troppo pericoloso ed incerto, onde pochissimi erano i rapporti marittimi fra Ravenna e Venezia. Gli stessi soldati veneziani percorrevano il tragitto fra quelle due città, sempre o quasi sempre, per terra. II castello di Marcabò era stato in addietro costrutto anche per proteggere quella via.

Nessun dubbio dunque che gli ambasciatori — i quali dovevano trattare articoli così importanti come quelli di Guido Novello e trattarli sollecitamente — non tenessero la strada di terra, nell’andata come nel ritorno. Per essa si giungeva da una città all’altra in tre giorni, mentre per mare talora o bonaccia o tempesta cagionava tardanze sino di venti giorni.

La via del ritorno fu dunque certamente quella ripetuta tante altre volte dai vecchi ambasciatori delle due grandi città adriatiche.2

  1. La Vita di Dante di Filippo Villani già cit. fu edita prima dal Moreni (Firenze, 1826) sopra un codice barberiniano . — Gustavo Camillo Galletti la ristampò nel 1847 (Liber de civitatis Florentiae famosis civibus — Firenze, 1847) sopra nn codice mediceo-laurenziano. Migliore è la legione data dal Moreni e mostrò di accorgersene lo stesso Galletti scrivendo che il codice barberiniano è da ritenersi frutto di seconde cure. Op. cit., IV.
  2. Anche mons. Ant. Maria Graziani andando nel marzo del 1596 alla Nunziatura di Venezia scriveva al card, di S. Giorgio: «.... di là (Pesaro) me ne venni a drittura accelerando quanto queste perpetue pioggie e la difficoltà delle strade e gli impedimenti de li tanti porti che si passano da Ravenna in qua, hanno comportato; finalmente mi condussi in Chiozza, giovedì alli 28 ecc. — Lettere scritte dalla Nunziatura di Venezia, mss. Bib. Univ. Bol., n. 803, Tom. I, c. 4. — Opizo Rasponi teneva la stessa via nel 1529 recandosi a Venezia per esser dalla Serenissima riammesso in Ravenna. — C. Ricci, Gli Spagnuoli e i Veneziani in Romagna (Bologna, 1886, pag. clxviii. Così il cardinal di S. Sisto, Filippo Boncompagni, nipote di Gregorio XIII recandosi a Venezia, dov’era Enrico III, andò per terra da Roma a Rimini, per mare da Rimini a Ravenna, poi, per maggior sollecitudine, riprese la via litorale di Pomposa e Chioggia, V. Pier de Nolhac e Ang. Solerti, Il viaggio in Italia di Enrico III (Torino, 1890), p. 72. Le notizie a questo proposito si potrebbero raccogliere a centinaia.