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Solo chi sa quanto si è scritto e si scrive sulla vita e sulle opere di Dante e riescano lunghe faticose e difficili le ricerche in quasi tutti gli Archivi di Romagna, dove mancano spesso ordine o cataloghi, può comprendere perchè questo libro cominciato nel 1877 esca in luce dopo quattordici anni. In così notevole spazio di tempo ho qualche volta ritenuto opportuno dare alle stampe, o per ragioni di polemica o per altre determinate occasioni, alcuna fra le notizie attinte dallo studio dei documenti sparsi ora o riassunti nel racconto o riuniti in appendice. Ma, quantunque le notizie edite rappresentino ben piccola parte di ciò che nel volume si raccoglie, ho nullameno costantemente citate le precedenti mie pubblicazioni.
Il titolo del libro è suggerito dal verso col quale Dante chiama Verona lo primo suo rifugio. Ravenna, dove passò gli ultimi anni e chiuse il faticato spirito, fu dunque l’ultimo suo rifugio. Infatti nessun altro titolo mi sembra più adatto ad un lavoro che tratta diffusamente della città che ospitò il maggiore dei poeti, e tratta degli amici e degli scolari, che questi v’ebbe, e della cultura che vi fiorì, e comprende infine la storia curiosa e varia del sepolcro e dello scheletro di lui.