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94 | l'ombra del passato |
gli disse che gli avevano lasciato un po’ di minestra, ma che Fiorello poi se l’aveva mangiata. Adone protestò, ma dovette contentarsi d’un pezzetto di polenta fredda. E andò in cerca di Tognina per parlarle dei libri.
La donnina stava poco bene: aveva un forte dolore a un ginocchio, e non poteva muovere un braccio. Quando vide il nipotino lo guardò coi suoi piccoli occhi indifferenti, ed egli non ebbe il coraggio di domandarle i denari.
L’indomani mattina egli s’alzò più presto del solito, scese nell’aja e andò nel pollaio. Per paura che anche quel giorno non gli lasciassero da mangiare, prese due uova e le mise in lasca: e di là le due uova emigrarono nella famosa cesta dei tesori.
Entro la cesta v’era una scatola: egli la prese e l’aprì delicatamente: ne saltò fuori un’altra scatola, e da questa un’altra più piccola ancora. Egli avvolse quest’ultima in un foglio di carta gialla e si avviò: il misterioso involtino pareva lo stesso che lo aveva accompagliato nell’isola deserta.
Sempre nebbia: ma era una nebbia leggera, attraverso la quale si scorgeva il cielo pallido e lontano. Passando davanti al cancello Dargenti, Adone, per quanta fretta avesse, si fermò stupito. Egli non aveva mai neppure immaginato che quel cancello venisse un giorno aperto: e invece lo era.
Chi l’aveva aperto? Un ladro, forse? Egli fu tentato di penetrare nel giardino, ma ebbe paura: non sapeva se del ladro o di Jusfin. Nel viale