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70 l'ombra del passato


La mamma sospirava, ma non gli dava ragione.

— Devi esser buono, ecco tutto! Tognina ti vuol bene, e se qualche volta ti corregge è perchè vuol vederti bravo.

— Ma agli altri non dà.

— Vuol più bene a te che a loro, caro il mio omin. Credi pure, è così! E se ella ha una coscienza rimedierà al mal fatto.

La mamma sospirava, dicendo così; ma Adone non si confortava. E andava via sconsolato; percorreva l’argine polveroso, s’internava nel suo viottolo, s’arrampicava sugli alberi, saltava i fossi, o si sdraiava sull’erba e sognava. La natura era già per lui pietosa e consolatrice, come non lo era più neppure la mamma.

Sull’erba, tra i fiori alti e gialli che parevano tinti dal sole, egli si sentiva tranquillo, come legato ad essi da una misteriosa simpatia. L’erba era la sua mamma, i fiori i suoi fratelli: e il cielo grande e azzurro, che qualche volta pareva sparso di piume bianche e grigie, era la volta della sua momentanea dimora, del rifugio dove nessuno lo tormentava.

— Io diventerò grande, — egli pensava, coricato supino, e agitando le mani in aria. — Posso diventare alto fino a toccare il cielo. O almeno alto come questo palo, che sembra un gigante. Allora nessuno più mi toccherà: guai, se mi toccano! Farò il maestro, allora, e avrò un puttino, anzi due, anzi sette, e dirò loro: «Siate buoni, puttini, eh! Se sapeste quante bastonate ho prese, io,