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l'ombra del passato 69


E lo rincorse col matterello; pareva pazza. Egli ebbe paura di lei come del Pirloccia. E il peggio era che Fiorina e Fiorello, vedendolo perseguitato dalla zia, prendevano con lui arie da padroni.

— Tu non lavori, non prendi mai soldi, puftti... — diceva Fiorello soffiando con disprezzo. — Ben fatto se la zia ti dà, allora!

Adone gli mostrava la lingua: l’altro perdeva la pazienza e gli si avventava contro, e siccome era più forte lo buttava a terra, gli schiacciava la pancia, gli dava tanti pugni. Adone mordeva: i suoi dentini tagliavano come coltelli.

Urla, pianti, gemiti da entrambe le parti. Marco e il Pirloccia apparivano in iscena. I due ragazzi s’alzavano e scappavano. Adone se ne andava dal cordaio o dal suo amico zolfanellajo, al quale raccontava le sue pene. E siccome naturalmente svisava i fatti, dandosi troppa ragione, l’ometto giallo dalla cravatta rossa non gli rendeva giustizia. Neppure lui! Nessuno lo credeva: nessuno lo confortava.

Ed egli andava dalla sua mamma scalza, che stava seduta sul limitare della porta e applicava un rappezzo piccolo su un rappezzo grande, ad un paio di calzoncini consumati.

Reno e Ottavio, sdraiati per terra, giocavano come due cagnolini; Eva, scalza e coi capelli biondi scarmigliati simili ad una nuvoletta d’oro, faceva rapidamente delle tremoline per cappelli.

— Nessuno mi vuol bene, — si lamentava Adone. — Tutti mi danno, tutti mi odiano. Tutti i malanni sono con me!