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62 | l'ombra del passato |
i vasi di vetro sul camino. Poco per volta il suo dispiacere svaniva: la contemplazione di quei vasi, dei quali invano parecchie volte aveva tentato l'assalto, gli dava un delizioso senso di voluttà. A quell’altezza, coi loro colori, il loro scintillio, il loro profumo, rappresentavano per lui un sogno di dolcezza.
A un tratto però egli si scosse, balzò in piedi: i suoi occhi diventarono scuri, inquieti. Udiva Pirloccia e Tognina litigare: l’ometto urlava come un ubbriaco. Egli ebbe di nuovo paura: si spogliò in fretta, andò a letto, ma non potè dormire: fin sotto le coperte gli giungeva all’orecchio, come da una cupa lontananza, la voce rauca del maligno ometto. Che cosa voleva? Forse urlava perchè voleva in affitto la camera bassa: e l’idea che l’ometto potesse venire ad abitare in casa sua lo spaventava.
— Speriamo di no, speriamo! - sospirava.
Giù in cucina l’uomo e la donna continuarono a litigare: poi tutto fu silenzio. Adone cominciava ad assopirsi quando la zia salì. Gli parve che ella singhiozzasse, e provò una grande pietà di lei, un bisogno di volerle bene, di proteggerla, di confortarla.
— Zia, zia, — le disse, con la stessa vocina affettuosa con cui un tempo chiamava lo zio buono e caro, — che hai? Dimmi che hai, zia mia! Perchè gridava, quello là? Dovevi chiamarmi, zia: sarei venuto giù con un bastone...
Egli aveva messo fuori la testina arruffata, e il suo visetto roseo, sul candore delle lenzuola, era