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50 l'ombra del passato


Il cordaio era terribilmente adirato contro la Tognina, per l’affare della siepe, e si sfogava parlandone male con Adone. Del resto egli gridava sempre, e tirava e stendeva le sue corde con violenza, bestemmiando contro la canapa, che quell’anno era cattiva, e contro il suo mestiere, e contro sua moglie, e contro Andromaca. La fanciulla, bionda e rosea, con due grandi occhi castanei socchiusi e languidi, coi piedini nudi, a metà dentro le pianelle ricamate, girava la ruota e taceva. Pareva non udisse neppure la voce irata del padre. Adone le si aggirava sempre attorno, ammirandola e sorridendole.

Il zolfanellajo, al contrario di Sison, parlava poco e quasi sottovoce. Spesso pregava. Il suo mestiere facile e tranquillo gli permetteva di lavorare seduto comodamente all’ombra del portone: però egli era spesso malato; tossiva; grossi foruncoli al collo e alla bocca lo tormentavano.

La moglie, più vecchia di lui, sembrava anche lei una statua di legno: era alta, secca, senza vita, con un vestito color noce, un cappello d’uomo in testa e un fazzolettino frangiato al collo. Era brutta, sdentata, con un gran naso aquilino e gli occhi azzurri un po’ divergenti: eppure il zolfanellajo, che l’aveva sposata in seconde nozze, aveva per lei una specie di adorazione filiale. Anche lei parlava poco e forse per questo aveva uno scudmai1 strano: la chiamavano la Müton.

  1. Soprannome.