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408 | l'ombra del passato |
così, — egli pensò, — l’amore è gioia: tutto il resto è menzogna.
Ma dopo un-momento gli parve che anche quest’amore non esistesse. Nulla esisteva, nella vita, nulla di aniente e di vero.
Egli aveva creduto che la vita, come il parco Dargenti, racchiudesse misteri dolci e profondi; ed invece era piena d’ombre melanconiche, di fontane inaridite, di foglie morte. E il fantasma del sogno, simile a Maddalena, scacciava il sognatore dopo averlo attirato nei suoi recessi.
Perchè tutto questo? Egli sollevò il viso, come interrogando gli alberi, le nuvole, tutte le cose che un tempo gli rispondevano fraternamente.
Ma tutto era ombra. Le nuvole s’allargavano, coprivano tutto il cielo; e su quello sfondo cupo gli alberi mormoravano, con un rombo lontano, e parevano più alti del solito, alti fino al cielo, agitati come le nuvole.
Egli provò una nuova impressione: gli parve che anche gli alberi, quella notte, soffrissero: e invece di rispondere al suo grido gli domandassero, a loro volta, il perchè del loro dolore. Perchè il vento li agitava e l’ombra li avvolgeva?
Ma egli non seppe rispondere. E se ne andò, portando con sè l’ombra di un passato ben lontano, al di là di ogni nostro ricordo, al di là di ogni causa umana: ombra sorella delle nuvole e della notte, figlia anch’essa, come loro, della natura inesplicabile: il Dolore.