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36 l'ombra del passato


Adone invece ricordò come lo zio quella mattina s’era sentito male, e si mise a piangere, credendolo morto.

Anche la donna allora diede un grido e corse come una pazza incontro al gruppo che s’avanzava. La gente rimase fuori; solo il prevosto, seguito da un cagnolino nero, entrò correndo nel cortile, prese Tognina per un braccio e le gridò sul viso:

— Calma! calma! È niente: è uno svenimento. Forse ha bevuto troppo.

Poi, siccome qualche persona entrava nel cortile, egli tornò indietro e gridò ferocemente:

— Via! via! E che ci sono le marionette, qui? Via, sacri tabernacoli, via!

Egli stesso chiuse il portone, mentre i due uomini trascinavano verso la casa il gigante svenuto.

Il cagnolino cominciò ad annusare, i fagiuoli caduti per terra, poi guardò Adone e abbajò.

Adone gli diede un calcio e fuggì nel portico, dove si mise in un angolo, ascoltando e guardandosi intorno spaurito. E da quel momento cominciò per lui una specie di sogno pauroso.

Egli desiderava ardentemente salire nella camera ove lo zio era stato portato, e gridava piangendo: «Zio mio, zio mio, svegliati!» ma aveva paura di muoversi. La sua angoscia era pari al suo terrore. Era morto, lo zio? Avrebbe riaperto gli occhi, sollevato la testa? sollevato le mani? Egli non sapeva: egli sapeva che se lo zio era morto non era più il suo zio caro: era un morto, ed egli aveva paura dei morti.