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388 | l'ombra del passato |
— Adone?
Quasi quasi si avverava il suo sogno!
Ma la voce era quella di Carissima.
— Adone, vattene. Ho molto da fare, ancora. Mi riaccompagnerà Jusfin. Glielo ha ordinato la signorina.
— Senti... — egli disse, quasi incosciente. L'hai veduta?
Carissima rispose di sì: e aggiunse con malizia:
— E tu, no? Le ho detto che mi aspettavi!
E ritornò di corsa verso il palazzo. Egli rimase, aggrappato al cancello, di cui gli pareva che il ferro tremasse. Era lui che tremava. Ella sapeva ch’egli era lì. Ella verrebbe; ne era certo! Ed egli ora l’aspettava, con tutta l’ansia d’una passione colpevole ma vittoriosa.
E non ricordava più nulla: nè chi era lui, nè chi era lei: nè che la sua amante l’aspettava alla finestra del viottolo. Gli pareva, soltanto, che nella sua vita egli non avesse fatto altro che aspettar Maddalena!
Ma ella non venne.
⁂
Allora egli fu colto da una specie di fissazione delirante. L’ombra del suo sogno gli sfuggiva davanti: egli si mise ad inseguirla con ebbrezza dolorosa, pur figurandosi di esserne fatalmente trascinato.