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l'ombra del passato 387


L’indomani Carissima gli disse che sarebbe rimasta a lavorare nel palazzo fino alle nove di sera, e lo pregò di aspettarla davanti al cancello, se egli passava di là. Altre volte egli si sarebbe offeso: ora avrebbe ringraziato con gioia. Alle otto e tre quarti era già davanti al cancello.

La notte era alquanto nebbiosa, ma tiepida e dolce. Attraverso la nebbia le finestre illuminate del palazzo parevano le finestre d’un castello fantastico, fatto di nuvole.

Egli camminava sull’orlo del prato e sentiva la nebbia sfiorargli il viso, come una tela di ragno. Sogni inverosimili gli attraversavano la mente, più diafani e inconsistenti della nebbia. Se ella, avvertita discretamente da Carissima, scendesse al giardino e si avvicinasse al cancello? Che avrebbe egli fatto? Eh, si sarebbe avvicinato anche lui! Ella avrebbe mormorato:

— Adone!

A questo solo pensiero egli sentiva un brivido.

Scoccarono le nove. Nessuno. Egli continuò a camminare ed a sognare. Un uomo attraversò il prato, sparve nel viottolo. Laluna sorse fra la nebbia, rossa di un rosso opaco come di sangue coagulato; un’ombra si avvicinò al cancello, dall’interno del giardino. Una voce chiamò: