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e d’un tratto ricadde nella sua inquietudine: ma non disse nulla, e gli parve che fra loro sorgesse un’ombra, davanti alla quale essi cercavano di mettersi, per nascondersela vicendevolmente.

Ritornandosene a casa pensava che forse era meglio non scrivere, e forse meglio ancora rifiutare l’invito! 11 pallore di Caterina gli aveva rivelato il segreto della sua inquietudine; il ricordo dei sogni, però, lo eccitava e lo tormentava. Perchè non doveva accettare l’invito? Perchè non doveva permettersi uno svago? Era tempo di ribellarsi ai suoi ingenui scrupoli. Tutti gli uomini ammogliati vanno a divertirsi e non per questo si credono colpevoli.

Nella strada comunale egli incontrò la carrozza della marchesa, e dentro vi scorse un uomo grasso e colorito, coi lunghi batti castanei spioventi, e gli parve di riconoscere in lui un noto medico di Parma. Egli ebbe subito il dubbio che la marchesa fosse malata; ma come spiegare l’invito, allora?

Spinto dalla curiosità più che dalla passione, ritornò indietro, si fermò davanti al cancello. Non si vedeva nessuno: le finestre erano socchiuse.

Allora egli s’avvicinò alla porta della chiesa, e aspettò che la gente uscisse. Voleva vedere Jusfin, domandargli come stava la marchesa. Vide infatti il vecchio uscire, alto e solenne fra i paesani scarni e bonarii, col suo vestito di velluto nero, col suo cappello a cono; ma non osò fermarlo nè interrogarlo.

Più tardi andò in cerca del seminarista e gli domandò se era stato invitato.