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350 | l'ombra del passato |
Sdraiato sul fieno palustre, mentre la comitiva s’inoltra nel sentiero, in cerca di un punto dal quale si scorge lo sbocco del fiume Parma, egli finge a sè stesso una gelida indifferenza e si sforzò di pensare a Caterina. Il ricordo della sua prima avventura amorosa lo ha come offeso e richiamato in sè. Se Caterina sapesse! Ma ella non saprà mai niente.
Chiudendo gli occhi egli la rivede nel bosco, seduta ai piedi di un tronco, col piede enorme abbandonato sulla sabbia. Ma il ricordo del loro primo bacio non lo esalta più. Si direbbe, anzi, che un vago rancore gli salga dal cuore, come un profumo amaro dal calice d’un fiore velenoso. Egli se ne accorge e se ne domanda il perchè. Forse perchè il legame che lo avvince a Caterina gl’impedisce di amare Maddalena? No, egli avvolge anche Maddalena nel suo rancore. Egli ricorda che una notte, nel silenzio della melonaja, ha desiderato di urlare come il cane perseguitato, perchè Maddalena e l’ex-cacciatore, il vecchio barbaro, hanno percosso Caterina!
Egli odia anche Jusfin; anche il referendario che ha tirato fuori la storiella di Paride. Gli pare che tutti si burlino di lui; tutti si son burlati di lui, sempre. Anche Maddalena, che non sa come passare il tempo, vuole divertirei, come quando curava i bambini poveri «che avevano un cattivo odore».
L’odore della miseria.