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l'ombra del passato 31


— Mamma! — egli gridò fervidamente, correndo verso il pozzo, senza levare le mani dalle saccoccie.

— Viscere care, — rispose la donna, senza troppo commuoversi.

Eva, la sorellina, bionda e tosea come un angioletto, udendo la voce di Adone corse, scalza ed affannata, con un puttino che le dondolava fra le braccia e minacciava di cadere all’indietro.

— Che belle scarpe nuove! E delle altre che ne hai fatto? — gridò.

— La zia le ha date ai figli di Pirloccia.

— Tutto ai suoi! — sospirò la madre, staccando la secchia dal ramo uncinato che serviva per attingere l’acqua. Poi sedette sullo scalino della porta, attirò a sè Adone e gli disse: — Raccontami che cosa hai fatto oggi. Chi c’era a pranzo?

Ella volle sapere tutto: persino che cosa avevano mangiato quel giorno, e quante bottiglie avevano bevuto.

Adone non si fece pregare: era un chiacchierone e non sapeva tener un segreto, tanto più se glielo raccomandavano; così raccontò che lo zio s’era sentito male, poi ripetè le ciarle del Pirloccia. La mamma ascoltava e sospirava.

— Sei bottiglie in tre! — Chi troppo e chi nulla! Poteva pur mandarmene una!

Zia Tognina dice che devi venire a trovarla se vuoi qualche cosa! — esclamò egli, tirando fuori dalla saccoccia il piccolo pugno caldo. — Perchè non vieni mai? Ecco, io ti ho portato questo. Non l’ho rubato, sai: me lo ha dato lo zio per comprarmi le mele.