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l'ombra del passato 335


— Fai le recite, quest’anno? Vuoi recitare al palazzo Dargenti, domenica?

— Recitare? Che cosa? Quest’anno niente recite! — rispose Adone, guardando Davide con occhi spaventati.

— Ma no, caro mio, vogliono te solo! Vogliono fare una recita nel teatrino del palazzo. Hai capito?

Egli aveva capito: e guardava i suoi piedi scalzi, chiazzati di fango, con lo sguardo turbato e spaurito di uno che ha ricevuto una proposta dalla quale può dipendere tulto il suo avvenire.

— Mi vogliono! — disse a un tratto, sollevando la lesta con fierezza. — Io però non voglio. Non ho alcun desiderio di divertirmi!

— Che ti è accaduto? — domandò l’altro, volgendosi a guardarlo. — Se non ti diverti ora, quando ti divertirai?

— Che cosa mi è accaduto? Lei lo sa.

— Io lo so? Come posso saperlo?

— Le ho scritto una lettera, ai primi di luglio.

Davide si fermò: corrugò le sopracciglia.

— Ai primi di luglio? Io non ho ricevuto nulla. Ma nulla! Che cosa mi scrivevi?

— Ah, glielo dirò un’altra volta; sciocchezze! disse Adone con disprezzo.

E scosse i riccioli sulla fronte impallidita come un orizzonte al calar delle ombre: e vide che gli alberi invece di perle sgocciolavano acqua torbida, e che l’oca rassomigliante al cigno era una bestiaccia infangata. Egli pensava:

— Costui mentisce. Tutto è menzogna.